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mercoledì 31 luglio 2013

Presunzioni di un poeta





… E ora cosa resta di me, o meglio, di un orgoglio – il mio – ferito e “ricucito” così tante volte che nemmeno lui stesso rammenta quale fu il motivo del suo primo sanguinamento?
Qui seduto, scrivo, butto giù parole dotate sì di un minimo di senno e razionalità, ma dettate comunque dall’impeto, frutto – cioè – di quello che qualcuno ha definito “Flusso di coscienza”, con buona pace – forse – proprio di quest’ultima.
Quasi non s’ode – attorno – alcun rumore, cosa che mi agevola ed accompagna il formarsi – appena abbozzato – di questo sentiero. No, non è d’uopo domandare ad un poeta come e perché – volentieri – si lasci cullare dal silenzio: potrebbe rispondere che, al mondo, non è possibile – e, a ben guardare, neppure importante e meno che mai necessario – che tutti capiscano tutto e, siccome – poscia – qualcuno potrebbe anche offendersi per una simile reazione, meglio evitare…!
Si prenda puramente atto della cosa e, dunque, ci si limiti al sottile piacere dell’identificazione di se stessi in ciò che egli scrive o dice.
Ben altro, lo ammetto, dovrei adoperarmi a fare, lo so, ma – ignorando, non per scelta, financo la natura concreta e l’oggetto di questo ipotetico “altro” – m’acconcio a dar libero sfogo all’estro mio – nonché a quella psiche che ne è madre e che sempre m’appartiene – dedicandomi a ciò che più mi piace e meglio viene.
Mistero non c’è, né ho mai fatto – per me stesso e per nessuno – del mio amor per la scrittura, la parola, il linguaggio e le infinite trame che questi, nel loro simultaneo e multiforme combinarsi, possono ordire, però – chissà perché – leggo, ogni volta, stupore e meraviglia negli occhi di color che prendon atto di codesta  inclinazione: ebbene,  più il pubblico “stupisce” e trasale, più e con maggior lena – a bella posta – io m’arrampico sul senso delle cose e lo complico, lo dico in modo complesso, articolato, sottile, sottinteso, metaforico, dissimulato, e sapete perché? Perché, ogni tanto, mi piace far notare, far spiccare anche le differenze più vere e reali, quelle che – ad occhio nudo – non si vedono e che mi fan godere dell’essere tra voi, pur nella vostra più cieca – e perfino ostentata – ignoranza.
Matteo Sabbatani