… E ora cosa resta di me, o meglio, di un orgoglio – il mio – ferito e “ricucito” così tante volte che nemmeno lui stesso rammenta quale fu il motivo del suo primo sanguinamento?
Qui
seduto, scrivo, butto giù parole dotate sì di un minimo di senno e razionalità,
ma dettate comunque dall’impeto, frutto – cioè – di quello che qualcuno ha
definito “Flusso di coscienza”, con buona pace – forse – proprio di
quest’ultima.
Quasi
non s’ode – attorno – alcun rumore, cosa che mi agevola ed accompagna il
formarsi – appena abbozzato – di questo sentiero. No, non è d’uopo domandare ad
un poeta come e perché – volentieri – si lasci cullare dal silenzio: potrebbe
rispondere che, al mondo, non è possibile – e, a ben guardare, neppure importante
e meno che mai necessario – che tutti capiscano tutto e, siccome – poscia –
qualcuno potrebbe anche offendersi per una simile reazione, meglio evitare…!
Si
prenda puramente atto della cosa e, dunque, ci si limiti al sottile piacere
dell’identificazione di se stessi in ciò che egli scrive o dice.
Ben
altro, lo ammetto, dovrei adoperarmi a fare, lo so, ma – ignorando, non per
scelta, financo la natura concreta e l’oggetto di questo ipotetico “altro” –
m’acconcio a dar libero sfogo all’estro mio – nonché a quella psiche che ne è
madre e che sempre m’appartiene – dedicandomi a ciò che più mi piace e meglio
viene.
Mistero
non c’è, né ho mai fatto – per me stesso e per nessuno – del mio amor per la
scrittura, la parola, il linguaggio e le infinite trame che questi, nel loro
simultaneo e multiforme combinarsi, possono ordire, però – chissà perché –
leggo, ogni volta, stupore e meraviglia negli occhi di color che prendon atto
di codesta inclinazione: ebbene, più il pubblico “stupisce” e trasale, più e
con maggior lena – a bella posta – io m’arrampico sul senso delle cose e lo
complico, lo dico in modo complesso, articolato, sottile, sottinteso,
metaforico, dissimulato, e sapete perché? Perché, ogni tanto, mi piace far
notare, far spiccare anche le differenze più vere e reali, quelle che – ad occhio
nudo – non si vedono e che mi fan godere dell’essere tra voi, pur nella vostra
più cieca – e perfino ostentata – ignoranza.
Matteo Sabbatani