Da
qualche giorno a questa parte – per chissà quale ancestrale, misterioso motivo
– ci ritroviamo spesso, improvvisamente, catapultati nel labirintici sentieri
del «com’era e com’è», un giochino assurdo – e, per certi versi, anche
alienante – che, è vero, poggiato sul vizio di un’inutilità di fondo, lascia il
tempo che trova – tanto per dirla con un luogo comune – ma al quale non
riusciamo – e forse, masochisticamente parlando, nemmeno vogliamo – sfuggire.
Niente
e nessuno – detto per inciso – impone a chi legge di seguire – né, tanto meno,
condividere – questa nostra libera scelta, s’intende e, dunque, vi invitiamo
caldamente – se avete di meglio da fare – a procedere spediti nel dipanare una matassa,
quella della vostra quotidianità, che – ne siamo certi – si compone di urgenze
molto più pregnanti di quanto non sia ogni tentativo – peraltro già in partenza
vano – di raccapezzarvi tra queste elucubrazioni nostalgiche e stantie.
Per
quanto ci riguarda, però, è diverso; per quanto ci riguarda, però – ovverosia
per natura e inclinazione personale – non possiamo esimerci dall’accettare,
ogni volta, la sfida e, provando a percorrere senza timore quegli stessi
sentieri, constatare amaramente com’era una volta – quando c’erano persino le
idee, quelle che ti formavi vivendo come e dove vivevi e che, agli occhi del
mondo, spiegavano chi eri e che, a te, davano un’identità e, udite-udite, un
senso di appartenenza – e, invece, com’è adesso – che non si vede più neppure
l’ombra di un’idea degna di essere intesa come tale, che tu sei tu (comunque e
sempre) e di quel che pensa il mondo, sempre ammesso che pensi, è inutile
parlarne e/o tenerne conto.
Eppure
– ed è forse persino ovvio sia così – pare che tutto continui comunque, sia pur
sotto insegne e secondo logiche dettate dalla demagogia e da un’irrefrenabile esigenza
di primazia individuale: all’occasione – quindi – il mero tornaconto privato si
ammanta col velo d’un presunto, ipotetico, futuro e futuribile pubblico
beneficio.
In
fondo – pensiamoci – dov’è la novità?
Già,
stiamo – molto probabilmente – giocando col fuoco, lo confessiamo e – con la
stessa onestà intellettuale – ammettiamo di essere perfettamente consapevoli
che – se ci bruciassimo – la colpa sarebbe solo nostra, ma il labirinto del
«com’era e com’è» ha una sola via d’uscita.
Dunque,
chi dovesse – per avventura – incrociare lo sguardo imbronciato e deluso di una
signora coerenza legittimamente in fuga – per favore – la fermi e la coccoli a
dovere: qualcuno qui, disperatamente, la implora di tornare.
Matteo Sabbatani