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mercoledì 25 febbraio 2015

Sabbie Mobili

Sono, questi, giorni così uggiosi e plumbei che tutto sembra ammantarsi di un malinconico senso di ineluttabilità delle cose, come se – in vero – a noi non fosse dato di avere parte alcuna neppure nella determinazione dei più banali aspetti della nostra esiziale quotidianità.
Sarà la preponderanza del grigio nei colori che mostra – in queste circostanze – il cielo; sarà – ed è pur vero – che l’inverno è agli sgoccioli, ma la primavera è ancora molto di là da venire; sarà quel che si vuole (perché ciascuno, in definitiva, i conti li fa con la propria realtà), ma l’impressione è – per così dire – quella «delle sabbie mobili»: la si respira nell’incipiente immobilità e nell’apparente irreversibilità del tempo, nella sempre maggiore labilità del confine tra valori e disvalori e nel fatto che i primi – cioè i valori – pare siano, non solo e non tanto estremamente fungibili (cosa inquietante di per sé), quanto aleatori e contingenti, figli del caso, del momento e – perché no – financo della convenienza.
Sì, vede nero il vostro «puerile scrivano», ma poco male: non è la prima volta che accade e certamente – se questa è la china – non sarà l’ultima.
Torna, dunque, la cupezza di quelli che – per uno che, immeritatamente, si fregia del titolo di poeta – dovrebbero essere i tempi migliori: se sta bene, infatti, il poeta non scrive.
Ad ogni buon conto e al di là dei facili panegirici argomentativi, però, il problema resta; e al suo cospetto – schiavo come sono del mio stato d’animo – mi esimo volentieri dal proporre soluzioni, indicare possibili vie d’uscita o quant’altro: in fondo – poiché si vuole che io stia sereno – la cosa non mi compete, non spetta a me. È indubbio, tuttavia, che sarei veramente molto più sereno se neppure mi tangesse…!



venerdì 13 febbraio 2015

Buonumore

Siccome siamo tutti a posto,
nessuno agisca di nascosto,
nessun si provi, ad ogni costo,
a far le pulci a questo o a quello:
qui, se non s’usa un po’ il cervello,
si cade tutti nel tranello
di quanti fanno la morale
senza aver nulla da insegnare,
considerando sia normale
perdere tempo a questionare
dell’altrui vivere e sentire.
Perciò, si cerchi di capire
che, in ver, chi scrive non ha mire,
non ha ambizioni,  grandi idee
od assolute verità:
solo vi chiede, per pietà,
di fare ‘si che, per riflesso,
egli stia bene con se stesso,
perché – di tutto quanto il resto –
a lui importa proprio il giusto,
e vale a dire quanto basta
per evitar che la sua testa
si perda in elucubrazioni
prive di senso e di ragioni
sulle radici ed i perché
di questo nostro stare al mondo.
Sì, sembrerò poco profondo,
ma ho, quasi-quasi, l’impressione
che il solo avere un’opinione
serva a divider le persone
tra chi si tace e chi si espone:
passerò anche da coglione,
però coltivo, in fondo al cuore,
un po’ di sano buonumore!

giovedì 12 febbraio 2015

Procedendo «per sintassi» ma non solo

"Ed era il punto?"
"No, la virgola,
il punto e virgola
e, forse, quello esclamativo,
l'ammazza caffè
al posto dell'aperitivo,
la fine
ancor prima dell'inizio:
sì, quando non c'è
altra strada che il supplizio!"
"E allora perché?"
"Se ogni cosa
avesse il volto che si vuole,
sol chi osa
troverebbe le parole
per descrivere quel sogno
che comincia dal bisogno!"

martedì 10 febbraio 2015

Amaro in bocca

Ombre, silenzi,
malumori a ondate,
poi ricordi a frammenti
e simulacri di risate
per nascondere un disagio
che ha il sapore, un po' sinistro,
di presagio,
di destino ineluttabile:
sicché il mero sarcasmo
non basta a salvare il salvabile,
ammesso che ci sia
qualche cosa da salvare,
ch'io non vada alla deriva
e che riesca nell'intento di nuotare.
Basta,
è opportuno che non scriva
quel che l'anima confessa
e che il cuore non traduce
per volere della testa.
Ecco,
la ferita si ricuce,
ma l'amaro in bocca resta.