Aria
– o forse solo voglia – di festa, di ferie e – comunque – d’altro, d’altro che
non sia – e cioè non somigli nemmeno lontanamente a, non abbia nulla a che
spartire con – questo afosissimo e apatico tutto, che poi è niente, che si
respira in ogni dove.
Già,
fateci caso, non c’è nessuna differenza tra questa ed altre fine d’anno (ché,
in vero, l’anno si chiude – ne siamo più che mai convinti – in queste ore e in
questi giorni); già, fateci caso, siamo qui – esattamente come un anno fa e
l’anno prima e quello prima ancora – a correr dietro al tempo perso, nel
tentativo – che come sempre, in un modo o nell’altro, andrà a buon fine – di
concludere cose lasciate – per mesi e da mesi – a metà, con la scusa che –
tanto – di tempo ce n’era, ce ne sarebbe stato, ce ne sarà.
Sì,
però ora – ora che la nostra testa è già sotto l’ombrellone – ci accorgiamo che
di tempo non ce n’è, e le cose vanno fatte – ovviamente come si deve – prima di
poterci andare davvero con la testa, e non solo con quella, sotto l’ombrellone:
e allora?
E
allora si corre, si corre e si suda – ben più di quanto l’estate, di per sé,
non induca a fare, detto per inciso – perché?
Perché
prima – quando il tempo c’era – avevamo freddo e, si sa, il freddo entra nelle
ossa, rallenta movimenti e riflessi, smorza – purtroppo – anche l’arguzia, l’acume
e la perspicacia: sicché, poscia, non è mica facile lavorare..!
È
così, siamo perennemente meteoropatici – quindi tutt’altro che stacanovisti,
ché le due cose van di pari passo – e sempre tesi a cercare qualcuno o qualcosa
a cui addebitare il nostro lassismo, la nostra pervicace e volontaria inerzia,
per poterci trincerare dietro un contrito, sconsolato, laconico, desolato, ma
anche – ed anzi soprattutto – confortante ed auto assolutorio:
«Ah,
se avessi avuto tempo…!»
Matteo Sabbatani