E sono qui, alle
prese con un tempo
che si diverte a
darmi un gran tormento;
ed ora mi ritrovo
a fare il conto
di quel che ho
seminato e mai raccolto;
e poi le mille
attese che ho deluso;
e quel che ho
cominciato e non concluso,
che è ancora lì e
che scruta, da sornione,
questa partita tra
me e la ragione:
lo so, chi perde
passa per coglione,
ma non ho più la
forza di reagire,
di scegliere qual
è, tra le altre mire,
quelle che ancora
voglio perseguire.
Capirò tutto
soltanto nel giorno
della partenza che
non ha ritorno:
scoprirò il senso
di questo vagare,
solcare a stento
le onde di un mare
che è questa vita
intera da “dragare”
fino a raggiungere
quell’orizzonte
che non è inizio
né culmine o ponte,
che non ha linea
né curva né retta.
È verso il niente
che andiamo di fretta:
se – con l’età –
la bellezza sfiorisce,
è che ogni cosa –
prima o poi – finisce
e sol lo stolto,
che non lo capisce,
crede la brezza
della primavera
possa – d’incanto –
durar fino a sera.
Ma i più lo sanno
e vivono il momento,
consci che – un dì
– torneranno nel vento.
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